Lo scorso 20 ottobre, dopo circa un mese di dibattiti intensi, dovrebbe essersi conclusa la presentazione degli emendamenti al progetto di relazione in tema di revisione generale del regolamento del Parlamento europeo, da parte delle commissioni competenti per parere.
Si sono espresse la commissione ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare, la commissione controllo sul bilancio e, da ultimo, la commissione giuridica.
Mette conto di notare che il parere di JURI riveste un certo peso politico, poiché la commissione per gli affari giuridici condivide con la commissione per gli affari costituzionali l’onere di gestire le relazioni interistituzionali dell’organo parlamentare, mantenendo a tal uopo stretti contatti col Servizio giuridico del Parlamento europeo, di cui costituisce un vero e proprio versante politico-istituzionale, di cardinale importanza nell’economia dei lavori dell’organo parlamentare.
Proprio in ottemperanza a tale ruolo, la commissione per gli affari giuridici ha presentato ben 80 proposte di emendamento al progetto di relazione disposto dalla commissione affari costituzionali e predisposto dal relatore, on. Corbett, in seguito alle attività del Gruppo di lavoro sulle modifiche al Regolamento del Parlamento europeo.
Gli emendamenti predisposti insistono per la parte numericamente preponderante sulle questioni di cui JURI si occupa direttamente con maggior frequenza, come la verifica dei poteri ed il riconoscimento delle immunità ai deputati; meno capillari, ma non certo meno importanti, sono le modifiche relative ad altri campi di azione di JURI, e segnatamente il controllo, per conto del Parlamento, sulle basi giuridiche – tanto quelle fondate sul Trattato, quanto quelle basate su di un atto secondario (atti delegati e di esecuzione) – nonché sul rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.
Di particolare interesse, in specie, per il ruolo di JURI sul versante dei rapporti istituzionali, appaiono talune proposte che, nel lungo periodo, potrebbero rafforzarne sensibilmente la centralità nel funzionamento del Parlamento europeo.
Si pensi all’emendamento 40, che inserisce un comma 1bis all’art. 40 in tema di atti delegati ed atti esecutivi, a tenore del quale il Parlamento “dovrebbe prestare particolare attenzione al fatto che la Commissione, nell’esercizio dei poteri delegati, non possa né emendare né integrare il contenuto di un atto legislativo, anche per quel che attiene i suoi elementi non essenziali”. In motivazione, si dà conto, tale emendamento si volge a chiarire la portata del controllo parlamentare sull’atto delegato o esecutivo, e si basa sulla giurisprudenza della Corte di giustizia. Tuttavia, la questione, qui presentata in poche righe come pacifica, è in realtà assai dibattuta: il Parlamento qui intende difendere nel proprio regolamento una versione formalistica dei concetti di “integrazione” ed “emendamento” fortemente osteggiata dalla Commissione, sulla quale la Corte, che pure ha effettivamente riportato la frase citata, non ha certo detto l’ultima parola. L’inserimento di quel passaggio all’interno delle regole di procedura ha in realtà un significato più ampio: serve a incrementare il valore giuridico di quel passaggio, conferendogli una forza argomentativa maggiore, in prospettiva futura, nella direzione auspicata dal Parlamento europeo. Nello stesso senso si legge la proposta, anch’essa formulata da JURI, di includere nella sua propria sfera di competenza il controllo sugli atti di esecuzione, compattando tale procedura con quella relativa all’ambito applicativo dell’articolo 290 TFUE.
Apparentemente minuta, ma di forte rilievo sistematico, è poi l’inclusione (emendamento 44) del parere obbligatorio di JURI per la sollevazione della questione relativa al controllo sul rispetto del principio di sussidiarietà in riferimento ad una proposta della Commissione; in particolar modo, se la si accoppia all’emendamento 42, col quale JURI propone di inserire formalmente anche nel titolo dell’art. 42 Reg. PE che il controllo di sussidiarietà sia affiancato dal controllo di proporzionalità, entrambi svolti nel corso dello stesso procedimento. Mettendo insieme questi due procedimenti, JURI si candida a rafforzare il proprio ruolo istituzionale anche verso i Parlamenti nazionali, in vista della possibile creazione di un asse per l’attivazione coordinata di procedure di controllo, finanche ricomprese nel c.d. cartellino arancione; oltre che ad incrementare il proprio peso nella formazione della posizione del Parlamento europeo sulla scena interistituzionale.
Un terzo passaggio in questa direzione è la previsione di un controllo rafforzato su eventuali mutamenti della base giuridica da parte della Commissione, che intervengano successivamente alla presentazione di una proposta legislativa. JURI propone che le si dia mandato di attivarsi per scongiurare in ogni modo, mediante canali politici, il ritiro o la modifica della proposta in senso sfavorevole al Parlamento; “affinché possa sfruttarsi appieno il suo expertise” come riporta in motivazione.
Ulteriori emendamenti si dirigono a raffinare le procedure di rifusione e ricodificazione, anch’esse di competenza della commissione giuridica.
In sostanza, mediante gli emendamenti proposti, JURI fa mostra di percepirsi come una commissione competente per l’intero spettro degli affari istituzionali; trasformandosi sempre più in una sorta di potente interfaccia politico del servizio giuridico, col quale lavora in piena sintonia e del quale si serve per rafforzare le decisioni che prende, nell’interesse dell’istituzione parlamentare.