La commissione giuridica dibatte sulla sussidiarietà e proporzionalità: un canale “ri-politicizzato”?

All’ordine del giorno del 24 maggio della commissione per gli Affari giuridici del Parlamento europeo la Relazione della Commissione europea sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità nel 2014, in uno alle valutazioni prospettiche per l’avvenire. La discussione si celebra con un ritardo abbastanza netto rispetto all’adozione del documento, datato luglio 2015; ciò pare indicare una minor urgenza politica dell’argomento basato sui principi di sussidiarietà e proporzionalità nell’ambito del ciclo normativo, indizio forse di un più immediato assorbimento delle relative valutazioni nelle fasi iniziali del processo decisionale.

E’ questa in effetti la strategia della Commissione, la quale è venuta perfezionando i suoi strumenti di better regulation sul parametro della sussidiarietà e proporzionalità. Nelle 25 analisi di impatto della regolazione condotte nel 2014, 8 – praticamente una su tre – sono state oggetto di critiche osservazioni da parte dell’organismo indipendente per la valutazione della qualità della regolazione – il comitato per la valutazione d’impatto – e riscritte, già in un momento preliminare alla redazione della proposta e quindi all’apertura stessa della fase legislativa, per meglio strutturarne i rilievi sul rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.

Un ulteriore indizio a conferma dell’assorbimento nelle spire della politica dei principi di sussidiarietà e proporzionalità si ravvisa nell’uso dello strumento del parere motivato da parte dei Parlamenti nazionali. Nel 2014 sono stati emessi 21 pareri motivati: il 76% in meno rispetto a quelli emessi nel 2013 (88) e soltanto il 4% del numero complessivo di pareri ricevuti nel 2014 dalla Commissione nel contesto del dialogo politico (506). Complessivamente, i numeri mostrano un ispessimento del canale politico rispetto a quello più formalizzato dei principi di sussidiarietà e proporzionalità: nel 2013 i pareri motivati avevano rappresentato il 14% del numero complessivo di pareri, mentre nel 2012 e nel 2011 poco più del 10% dei pareri erano pareri motivati sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.

Giacché il dialogo politico si focalizza sul merito della questione affrontata, è assai probabile che i Parlamenti scelgano di apportare propri argomenti direttamente al cuore del processo decisionale dell’Unione, privilegiando il canale informale al più formalizzato meccanismo di allarme precoce fondato sui criteri di sussidiarietà e proporzionalità. Il rischio è che, con la de-formalizzazione delle conseguenze politiche del parere – invero, poco illuminate nella relazione della Commissione – il peso del parere emanato da ciascun parlamento non si fondi sulla pregnanza del suo argomentare, ma sia lasciato alle dinamiche politiche, tendenzialmente avvicinandosi in misura proporzionale al peso del relativo Stato in Consiglio. Ciò determinerebbe un appiattimento del cleavage parlamentaristico su quello intergovernativo, apportando un serio nocumento alla teoria e alla pratica della parlamentarizzazione del decision making europeo.