La revisione generale delle regole di procedura del Parlamento europeo: un passo verso la razionalizzazione del diritto parlamentare euro-nazionale?

Il 12 settembre 2016 la commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo ha discusso il progetto di revisione generale del regolamento interno. Sono stati presentati emendamenti entro il termine previsto – 27 settembre – e verranno discussi a stretto giro.

Si tratta di aggiornamenti assai vasti e consistenti, che interessano molteplici aspetti della vita interna del Parlamento e che dispiegano la propria efficacia lungo l’intero arco delle attività condotte dalle istituzioni europee.

E’ noto, infatti, che le procedure interne del Parlamento, lungi dal dispiegare i propri effetti soltanto su base domestica, conferiscono a soggetti esterni – attori del processo di produzione giuridica – diritti procedimentali ben precisi, di cui tali soggetti entrano in possesso, sol che si conformino alle norme fissate dal Regolamento. E’ innegabile, dunque, la portata esterna delle regole di procedura, che intersecano i molteplici processi decisionali in cui il Parlamento è coinvolto e che incidono sulle regole di funzionamento interno delle altre istituzioni, e di qui sulle regole dell’intero ciclo normativo europeo.

Si vorrebbe qui proporre un esame più ravvicinato delle modifiche proposte, suddiviso per materia, seguendo l’ordine testuale degli emendamenti – vale a dire, quello degli articoli del Regolamento.

 

La disciplina della c.d. verifica dei poteri.

Secondo l’art. 5 dell’Atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale e diretto, allegato alla Decisione del Consiglio del 20 settembre 1976, il mandato dei parlamentari europei inizia con l’apertura della prima sessione tenuta dopo ciascuna elezione, ed ha durata quinquennale.

Le elezioni si tengono tra il giovedì e la domenica, e lo Stato membro che ha votato prima degli altri può rendere noti i risultati delle elezioni l’ultimo giorno, in concomitanza con quelli degli altri Stati. Questa previsione, istituita principalmente per rispettare l’uso britannico di votare il giovedì, potrebbe cadere in desuetudine ove si rendesse operativo il recesso della Gran Bretagna dall’Unione europea.

A norma dell’art. 13 dell’Atto, un seggio si rende vacante quando il mandato di un membro del Parlamento europeo scade per dimissioni, decesso o decadenza del mandato. Ciascuno Stato membro stabilisce le opportune procedure per coprire i seggi che si rendano vacanti, fino a concorrenza del quinquennio.

Quando la legislazione di uno Stato membro stabilisce espressamente la decadenza del mandato di un membro del Parlamento europeo, il suo mandato scade in applicazione delle disposizioni di tale legislazione, e le autorità nazionali competenti ne informano il Parlamento europeo. Viceversa, quando un seggio si rende vacante per dimissioni o decesso, è il Presidente del Parlamento europeo ad essere tenuto ad informare senza indugio le autorità competenti dello Stato membro interessato.

Oltre ad una razionalizzazione dell’intero procedimento, sia per quel che concerne la nomina, sia per quel che attiene alle condizioni di ineleggibilità e incompatibilità, nonché alle dimissioni dei membri, nella revisione del Regolamento spicca il ruolo rafforzato di monitoraggio ascritto alla commissione affari giuridici, cui spetterà il controllo sulla eleggibilità astratta (e non già sull’esercizio del mandato, come dal testo odierno) dell’eurodeputato. Emerge il ruolo di controllo che JURI esercita sulle dimissioni c.d. “problematiche”, sia quanto al motivo che le ha generate, sia per quel che riguarda il termine di decorrenza (che a sua volta dipende dal momento dell’accettazione da parte del Parlamento).

A norma dell’art. 4, par. 3, comma 3, la commissione giuridica può decidere di non constatare la vacanza dovuta a dimissioni del deputato, aprendo un procedimento interno per il quale un relatore proporrà una soluzione da discutere in seno alla commissione stessa (nuovo testo dell’art. 4, par. 3-bis). La tempistica è razionalizzata e l’elenco delle incompatibilità rispecchia i casi previsti nell’Atto del 1976. Spicca l’emendamento all’art. 5, par. 2, ove all’affermazione di principio per cui “[l]’immunità parlamentare non è un privilegio personale del deputato ma una garanzia di indipendenza del Parlamento in quanto istituzione e dei suoi membri”, si premette una ulteriore statuizione di principio, che suona a monito da interferenze indebite nell’esercizio della verifica dei poteri. Soggiunge infatti il nuovo testo che [n]ell’esercizio dei suoi poteri in materia di privilegi e immunità, il Parlamento opera al fine di mantenere la propria integrità di assemblea legislativa democratica e di garantire l’indipendenza dei suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni”. Un modo, forse, per ribadire l’autonomia politica ed istituzionale del Parlamento, sia dalle altre istituzioni europee, sia dalle istituzioni nazionali, che entrambe, a norma dell’art. 4, par. 4, commi 1 e 2, possono rilevare una vacanza ovvero una causa di incompatibilità.