Dentro l’Europa – OGM: il Parlamento europeo si oppone all’adozione di misure restrittive

Secondo la proposta della Commissione all’esame del Parlamento europeo mercoledì 28 ottobre, gli Stati membri potranno autorizzare misure restrittive all’uso di alimenti e mangimi OGM che siano proporzionate, ragionevoli, fondate su motivi imperativi e compatibili col diritto dell’Unione, con gli accordi OMC, nonché con le valutazioni scientifiche dell’Autorità europea e delle autorità nazionali. La relazione della commissione competente– Ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare, ENVI – raccomanda alla plenaria di respingere in toto la proposta.

Stato dell’arte. Il quadro disciplinare sugli OMG si presenta alquanto caotico. Il Regolamento 1829/2003 (art. 7) stabilisce che la Commissione possa autorizzare all’uso di prodotti OMG, tenendo conto del parere scientifico dell’EFSA – Autorità europea per la sicurezza alimentare – e degli organismi scientifici degli Stati membri che cooperano con essa a norma degli articoli 4-5. Altri “fattori legittimi pertinenti” possono essere tenuti in conto, anche su istanza degli Stati stessi. A tenore delle norme sull’esecuzione (comitologia) la Commissione sottopone la misura autorizzativa al comitato per la catena alimentare che delibera a maggioranza qualificata (art. 35). Di solito è il comitato il luogo di confronto e scontro fra Commissione e Stati. Gli Stati hanno però preferito non prendere posizione in comitato e in taluni casi adottare misure di salvaguardia contro le decisioni adottate dalla sola Commissione. In seguito al ricorso degli interessati, la Corte di giustizia dell’UE si è pronunciata volta per volta sulla validità di tali misure.

La proposta all’esame della plenaria prevede che ogni Stato membro sottoponga alla Commissione una proposta di misura restrittiva, debitamente giustificata, che viene trasmessa agli Stati membri. Entro tre mesi ciascuno Stato, o la Commissione, possono formulare osservazioni e commenti. Resta proibita la restrizione al commercio di prodotti che, pur contenendo un certo quantitativo di OGM, non raggiungono il limite previsto dalla disciplina generale.

ENVI obietta che la proposta è carente di una valutazione d’impatto sia scientifica sia normativa, poco attenta alle ripercussioni sul mercato unico del settore agricolo e di fatto assai difficile da attuare, creando grave danno alla certezza del diritto.

Con tale proposta la Commissione ha inteso creare un quadro giuridico per i casi di rifiuto da parte degli Stati dell’autorizzazione alla coltivazione o all’uso di OMG, chiamando questi ultimi all’assunzione di responsabilità per la giustificazione “scientifica” dei motivi di rifiuto. La procedura di comitologia, che non ha prodotto i risultati sperati, viene “smontata” in un procedimento che, se consente agli Stati più libertà di manovra, resta sotto il pieno controllo della Commissione. Colpisce però la insindacabilità delle decisioni scaturenti dal circuito EPSA in corso di processo decisionale – ogni valutazione sul rischio per la salute deve essere vidimata in tal sede, a pena di inesistenza – al pari della scarsa attenzione alle modalità pratiche con le quali uno Stato possa dar seguito al diniego. Misure in tal senso necessitano di controlli sulle merci, in naturale contrasto coi principi di libera circolazione. E’ questo uno dei motivi per cui nel 2003 si era prevista una legislazione unificata; si è visto però che la procedura atta a conferire una patente di “oggettività” all’autorizzazione crea imbarazzo a livello statale ed incontra resistenze fondate – oltre che del diritto alla salute – sulla preoccupazione per le conseguenze di un’invasione di prodotti OGM a prezzi competitivi sul mercato degli alimenti locali, tipici, biologici o altrimenti considerati da salvaguardare. Il rischio per la salute, di per sé assai complesso da definire, non è che uno degli elementi in gioco nel processo decisionale sugli OGM. La Commissione non vuol rinunciare alla sua posizione privilegiata; il Parlamento, rammentando che la Commissione si era impegnata a una più efficace attuazione dei principi di buona legislazione all’atto di insediamento, vi si oppone.